La reazione di stress
Il corpo umano è progettato per attivare una risposta di stress allo scopo di proteggerci contro predatori o altri tipi di aggressioni. Nella società moderna, gli eventi che determinano stress (detti stressor) sono cambiati, ma possiamo ritrovarli nell’eccessivo carico di lavoro, nella necessità di dover provvedere al sostentamento della famiglia, nel dover prendersi cura di bambini o persone anziane. Anche in questi casi il corpo umano può reagire come se si trovasse di fronte a un pericolo.
Quando il corpo recepisce la minaccia di un pericolo (come una notizia sconvolgente o un incarico molto impegnativo), una struttura del cervello chiamata ipotalamo attiva la risposta “attacco o fuga”, favorendo la produzione di ormoni come l’adrenalina e il cortisolo. L’adrenalina aumenta il battito cardiaco, la pressione sanguigna e attiva i rifornimenti di energia. Il cortisolo aumenta i livelli di glucosio nel sangue e quindi incrementa la disponibilità di zuccheri per il cervello, ma non solo: esso altera il sistema immunitario e sopprime momentaneamente il sistema digerente e riproduttivo. Questo sistema complesso di risposte fisiologiche comunica inoltre con le aree del cervello deputate al controllo dell’umore e della paura.
La risposta di stress è solitamente temporanea e una volta superata la minaccia i livelli ormonali tornano nella norma. Ma se gli stressor rimangono presenti a lungo nel tempo, il corpo può sentirsi costantemente sotto attacco e la reazione di “attacco o fuga” descritta può rimanere attiva. In questo caso, si incorre nel rischio che si manifestano problemi fisici e psichici di varia natura, come:
- Ansia
- Depressione
- Problemi dell’apparato digerente
- Problemi cardiovascolari
- Disturbi del sonno
- Difficoltà di memoria o concentrazione
- Disturbo da stress post-traumatico.
Effetti positivi dello stress
La risposta di stress cambia da persona a persona, a seconda di come l’individuo interpreti un evento (minaccioso o non minaccioso). Facciamo un esempio: portiamo la macchina dal meccanico per una spia e scopriamo che ha un grosso danno. Luigi potrebbe agitarsi molto, pensando alla spesa da affrontare e ai giorni in cui non potrà disporre di un proprio mezzo di trasporto. Mario, invece, potrebbe essere felice di avere una buona scusa per cambiare auto e chiamare entusiasta un amico per fare il giro delle concessionarie.
Il concetto di eustress è stato introdotto proprio per questo motivo ed è volto a sottolineare che lo stress non è necessariamente debilitante, anzi, potrebbe favorire una percezione di sé come di una persona capace di reagire alle difficoltà. Selye (1956) afferma che ogni esperienza o cambiamento può rappresentare una sfida o uno stressor per l’individuo, poiché ogni esperienza ci induce un certo grado di “allarme”. Sono le differenze individuali e in particolare il modo in cui scegliamo di interpretare la situazione a determinare una reazione di eustress (cambiamento positivo, sfida stimolante) o distress (cambiamento negativo, minaccia).
Lo stress come risposta
Nel 1956, Hans Selye descrive lo stress come una risposta fisiologica a determinate condizioni (detti stressor), che disturbano l’equilibrio interno (omeostasi). Selye afferma che lo stress:
- È un meccanismo di difesa,
- Segue tre fasi: reazione d’allarme, resistenza, esaurimento o recupero
- Se è severo o prolungato può determinare un disturbo nell’adattamento.
Il termine “esaurimento”, che nel parlato comune indica una condizione di estremo affaticamento psichico, deriva proprio dalla terza fase della reazione di stress. In realtà, non esiste una patologia psichica nominata “esaurimento”, ma con tale termine ci si riferisce spesso impropriamente alle reazioni di ansia, depressione, mancanza di energie, che possono seguire uno stress prolungato.
Lo stress come transazione
Un altro studioso, Lazarus, nel 1966 concettualizza lo stress come il prodotto di una transazione tra l’individuo e l’ambiente. Anche in questa teoria viene data rilevanza alla componente cognitiva dell’individuo, ovvero alla sua tendenza a interpretare gli eventi in senso più o meno minaccioso. Tale processo viene definito come valutazione primaria. Nella valutazione secondaria, invece, l’individuo è chiamato a valutare se le proprie risorse sono sufficienti a fronteggiare la minaccia percepita. Infine, la rivalutazione (reappraisal) implica una nuova riflessione sulla natura dello stressor e sulle risorse a nostra disposizione. Tale processo può essere guidato attraverso la terapia cognitivo comportamentale, portandoci a considerare in modo nuovo ciò che prima vivevamo come terrificante o inaffrontabile.
Affrontare lo stress
Ci sono molti modi in cui le persone cercano di affrontare le reazioni di stress che naturalmente vivono. Le tecniche di gestione dello stress vengono sviluppate da anni e spaziano dall’ambito cognitivo (mindfulness, terapia cognitiva, meditazione), alla cura del proprio fisico (yoga, arte, medicina naturale, controllo della respirazione) fino a agire sull’ambiente in sé (spa, musica, animali, natura).
In terapia cognitiva, paziente e terapeuta cercano di determinare in seduta se la persona crede di poter o non poter affrontare un determinato stressor. Infatti, non solo lo stressor, ma gli stessi sintomi fisiologici di stress possono essere interpretati in modi differenti. Se la persona considera la propria risposta fisiologica in modo negativo, l’impatto di tale risposta sulla propria salute o sulla propria performance sarà negativo. Diverso è il caso in cui l’individuo scelga di interpretare tali segnali positivamente, come indici di reattività e preparazione: in questo caso l’impatto della propria reazione fisica potrà essere neutro, positivo o persino facilitare il compito.