Le emozioni sono oggetto di numerosi studi nell’ambito della psicologia generale e della psicologia scientifica. Nel linguaggio comune si fa spesso riferimento alle emozioni e al ruolo che rivestono nel dare significato agli eventi e nel guidare i nostri comportamenti. Ogni essere umano prova emozioni fin dalla nascita. A partire dagli studi di Charles Darwin e a seguire con le ricerche di Paul Ekman, è stato dimostrato che le emozioni sono innate e vengono espresse universalmente anche in culture diverse. Inoltre, provare emozioni non è una caratteristica esclusiva dell’uomo ma di tutti i mammiferi; anche gli animali provano emozioni, hanno reazioni comportamentali simili (reazioni di attacco-fuga) e hanno le stesse modificazioni fisiologiche.
Origine e scopi delle emozioni
In letteratura molti studiosi si sono occupati del ruolo delle emozioni nella vita degli essere viventi e tutti concordano nel riconoscere alle emozioni un’importante scopo di sopravvivenza e protezione della specie. Le emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa) sono presenti in tutti i mammiferi, mentre negli esseri umani le emozioni primarie si mescolano dando origine a emozioni più complesse, chiamate emozioni secondarie, come il senso di colpa, l’invidia e la vergogna. Le emozioni secondarie modulano le interazioni sociali e dipendono dallo stile culturale di appartenenza.
Le emozioni in Psicologia
In ambito psicologico le emozioni si definiscono come stati affettivi intensi, di breve durata, che vengono attivate da stimoli esterni o interni e che possono manifestarsi attraverso specifiche espressioni del corpo. Le emozioni sono formate da diverse componenti:
- Componente fisiologica, che attiva il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso autonomo
- Componente cognitiva, che permette la valutazione degli stimoli ambientali
- Componente espressiva, che riguarda l’espressività facciale e corporea tipica di ciascuna emozione
- Componente comportamentale, che determina la messa in atto di azioni volte al raggiungimento di uno scopo (es. paura- fuga, rabbia-aggressione)
L’origine biologica delle emozioni e la loro componente espressiva fa comprendere quanto siano importanti per il raggiungimento di scopi individuali e sociali. Ad esempio, la paura ha lo scopo di tenerci lontano dai pericoli, la rabbia quello di prepararci a un attacco, la tristezza quello di attivare l’accudimento da parte degli altri, di riflettere sugli eventi e di pianificare nuove azioni per il raggiungimento dello scopo mancato. Non esistono quindi emozioni malate ed emozioni sane, tutte concorrono a preservare l’incolumità della specie in modo universale e a pianificare le azioni in virtù della realizzazione di scopi, personali e sociali.
Emozioni positive e emozioni negative
E’ di opinione comune la distinzione tra emozioni positive ed emozioni negative. La gioia, ad esempio, è considerata un’emozione positiva perché regala benessere fisiologico ed è collegata al raggiungimento dello scopo desiderato. La tristezza, invece, è considerata per molti aspetti un’emozione negativa perché ci porta a ripiegarci in noi stessi, a tendere all’isolamento e fa sentire cupi e senza energie.
Le emozioni dal punto di vista della psicoterapia cognitivo comportamentale
Le emozioni sono un tema centrale in ambito psicoterapeutico. Spesso i pazienti sentono il bisogno di iniziare una psicoterapia proprio per un disagio emotivo che non riescono a gestire. Una sofferenza emotiva diventa invalidante quando si protrae nel tempo e ostacola il normale ritorno a una condizione di benessere psicologico. Come detto precedentemente, le emozioni seguono un normale processo transitorio e hanno funzioni precise. Dal punto di vista della psicoterapia cognitivo-comportamentale, i pensieri disfunzionali svolgono un ruolo importante nel mantenere e nell’intensificare la sofferenza emotiva. Non esistono dunque emozioni “sane” ed emozioni “malate”, ma esistono condizioni in cui le emozioni spiacevoli provocano sofferenza a causa della loro intensità e persistenza nel tempo. Da questo punto di vista tutte le emozioni possono diventare “malate”, se provate per troppo tempo e ad alta intensità. La gioia ad esempio, se si protrae nel tempo può provocare eccessiva euforia, eccitabilità, alterazione del sonno, perdita di concentrazione e accelerazione del pensiero. Dal punto di vista clinico si parla di stato ipomaniacale, per il quale può essere necessario un intervento farmacologico o un ricovero ospedaliero. La tristezza, in condizioni normali aiuta a riflettere e a prendere decisioni, ma se dura a lungo può portare a senso di fallimento, perdita di speranza e generare uno stato depressivo clinicamente significativo. La rabbia è un’emozione che mobilita le risposte comportamentali, cioè spinge all’azione ed è sostenuta da sentimenti di ingiustizia generati dal mancato raggiungimento del proprio scopo a causa di ostacoli interni o esterni. La rabbia può stimolare la pianificazione di una nuova azione per il raggiungimento dello scopo desiderato. Se però raggiunge un’intensità elevata, può portare a gesti impulsivi o comportamenti aggressivi, generando una risposta disfunzionale e opposta allo scopo desiderato. Infine, la paura è una delle emozioni più utili per la sopravvivenza perché si attiva in situazioni di pericolo o di minaccia esterna e mobilita le energie per mettere in atto dei comportamenti protettivi, come la fuga. Quando la sensazione di minaccia si attiva anche senza condizioni oggettive di pericolo, diventa disfunzionale perché può attivare sentimenti di vulnerabilità e scarsa auto-efficacia nel fronteggiamento delle situazioni. Anche un’eccessiva riduzione dell’intensità può diventare disfunzionale; provare distacco emotivo ostacola il benessere degli individui perché vengono meno le importanti funzioni, personali e sociali, veicolate dalle emozioni.
Riassumendo
Comunemente siamo portati a distinguere le emozioni in positive e negative, in realtà tutte le emozioni hanno specifiche funzioni, finalizzate alla sopravvivenza e alla protezione della specie; esse guidano i nostri comportamenti e ci permettono di regolare le interazioni sociali. In generale, le emozioni si attivano come metro di misura che indica il raggiungimento o il mancato raggiungimento dei nostri scopi, sono caratterizzate da particolari stati d’animo e si differenziano dai sentimenti per la breve durata e transitorietà. Una volta esplicitate le funzioni, l’organismo ritorna in una condizione di omeostasi, cioè di normalità. Esistono condizioni che ostacolano questo processo, determinando nelle emozioni o l’accrescimento dell’intensità o una loro eccessiva durata. Siamo portati a pensare che siano gli eventi esterni a determinare questo squilibrio, in realtà, come dimostra la psicoterapia cognitivo-comportamentale, è il modo in cui noi interpretiamo gli eventi che può influenzare l’intensità e la durata dell’emozione, ovvero la qualità dei nostri pensieri. Non esistono quindi emozioni malate ed emozioni sane, ma esse viaggiano lungo un continuum, agli estremi del quale le emozioni diventano disfunzionali e patologiche. Anche la sensazione di non provare emozioni, chiamato distacco emotivo, non è funzionale ed è sintomo di una sofferenza più generale che necessita di attenzione clinica.