Uno degli aspetti che maggiormente influenza e ostacola la decisione di intraprendere una psicoterapia è la durata del percorso. Nell’immaginario comune la psicoterapia viene vista come un labirinto in cui paziente e terapeuta si addentrano e dal quale è difficilissimo uscirne, specie in tempi brevi. Questa idea si basa talvolta sui racconti di persone conosciute, su come viene presentata nei film o nelle serie tv, o ancora su una concezione di psicoterapia legata a specifici approcci, che propongono interventi la cui durata è spesso nell’ordine di anni. L’idea di vincolarsi a un percorso così articolato può risultare scoraggiante e può portare chi riconosce di avere delle difficoltà a scegliere strade più agevoli, anche se meno efficaci o a continuare a gestire autonomamente le proprie problematiche.
L’efficacia della psicoterapia non è vincolata alla sua durata
La Terapia Cognitivo Comportamentale fin dalle sue origini ha formulato dei protocolli di intervento che fossero efficaci e misurabili. In quest’ottica è stato possibile dimostrare che la durata della psicoterapia non risulta correlata a risultati migliori o maggiormente stabili. Per questo motivo la frequenza delle sedute è di norma settimanale e la durata dell’intervento può essere in alcuni casi di poche sedute. Al termine del periodo di trattamento possono seguire incontri quindicinali o mensili per verificare il mantenimento degli obiettivi. La strada che tuttora i recenti approcci cognitivi promuovono mira a rendere qualitativamente migliori le tecniche proposte e nel panorama scientifico attuale la durata del percorso di psicoterapia non viene considerata come variabile che determina l’esito di un intervento. Sempre di più si dimostrano efficaci protocolli in cui si utilizzano tecniche specifiche, volte a rendere il paziente autonomo nella gestione delle proprie difficoltà.
La durata del percorso è concordata nel contratto terapeutico
Il percorso di psicoterapia viene formulato in base a un contratto terapeutico tra il clinico e il paziente. Il contratto, che può essere scritto o verbale, determina quali siano gli obiettivi da raggiungere, le tecniche o i protocolli che verranno applicati e le tempistiche previste. È diritto del paziente conoscere quali siano i tempi previsti dai protocolli basati sull’evidenza scientifica che il terapeuta propone. Può accadere che il paziente percepisca le proprie difficoltà come estremamente complicate e difficili da superare e ipotizzi davanti a sé anni di sedute settimanali in cui sviscerare l’origine e lo sviluppo del disturbo. Questo non è sempre vero: una volta individuato e condiviso l’obiettivo terapeutico, il protocollo da utilizzare può rientrare nell’ordine di alcune sedute o pochi mesi. In altri casi, la richiesta del paziente e le difficoltà riscontrate possono comportare progetti terapeutici verosimilmente più lunghi, nell’ordine di uno o due anni. Si tratta di situazioni peculiari, che vengono preventivamente discusse e concordate durante i primi colloqui clinici e di valutazione.
La valutazione psicodiagnostica aiuta a formulare ipotesi di durata realistiche
Per individuare l’obiettivo e ipotizzare la durata del trattamento è fondamentale, da parte del clinico, effettuare un preciso inquadramento dei sintomi riportati e dei fattori di mantenimento che impediscono alla persona di superare autonomamente le proprie difficoltà. È possibile avvalersi della consulenza di un collega specializzato nell’utilizzo di strumenti di valutazione (test e interviste), che effettui un’analisi della problematica attuale e degli aspetti di personalità, indagando tutte le possibili aree psicopatologiche. Questo permette sia di identificare il target del trattamento, che di escludere la presenza di possibili aree di criticità ulteriori. In questa fase possono emergere più aspetti di criticità che influiscono sulla vita della persona: terapeuta e paziente discutono insieme su cosa lavorare e con quale ordine conviene procedere. È libertà del paziente scegliere di lavorare solo su un aspetto, perché consapevole di riuscire a gestire gli altri in autonomia, o perché preferisce identificare inizialmente un solo obiettivo, per poi eventualmente chiedere al terapeuta di fissare un nuovo obiettivo che interessi un’altra area.
Come viene concordata la durata della psicoterapia
Una volta eseguita la valutazione psicodiagnostica, il clinico ha a disposizione un quadro esaustivo su cui formulare un’ipotesi di intervento. Il quadro emerso, così come la proposta di trattamento, vengono discussi e condivisi con il paziente, verificando quindi in vivo l’adeguatezza dell’inquadramento ottenuto. Da qui viene concordato il primo obiettivo su cui si focalizzerà il percorso terapeutico, il protocollo o le tecniche necessari e i tempi previsti. Ad esempio, nel caso del Disturbo Ossessivo Compulsivo, il protocollo proposto dalla Terapia Metacognitiva prevede una durata complessiva di 8 – 10 sedute.
Modifiche alla durata della psicoterapia vengono concordate tra paziente e terapeuta
Se al termine dei tempi previsti il paziente non ha ottenuto i benefici desiderati o si riscontra la presenza di ulteriori elementi da approfondire, è possibile stabilire e concordare un nuovo obiettivo specifico, gli strumenti da utilizzare e la durata prevista. Ogni volta che paziente e terapeuta concordano un nuovo obiettivo per il trattamento vengono condivisi tempi e modi per il suo raggiungimento. Il paziente ha il diritto di richiedere i motivi che sottostanno a proposte di trattamento più o meno lunghe e il terapeuta ha l’obbligo di sapergli fornire la corretta motivazione. Questo grado di condivisione, chiarezza e puntualità permette al paziente di sapere come e quando lavorerà su quali temi e al terapeuta di essere una guida efficiente e efficace nel percorso di psicoterapia.
I possibili effetti iatrogeni di una psicoterapia di lunga durata
Talvolta il percorso psicoterapeutico è volto a approfondire e modificare aspetti di funzionamento individuale estremamente radicati nella persona. In questi casi può essere necessario proseguire il percorso psicoterapeutico per più tempo, ma anche in queste situazioni il lavoro è svolto per obiettivi e concordato di volta in volta. Può essere utile integrare il percorso psicoterapeutico con interventi in setting di gruppo: anche questa è una scelta che terapeuta e paziente concordano e che può determinare un ampiamento della durata della terapia. Nel momento in cui la terapia non ha un obiettivo specifico, ma diventa una piacevole abitudine da cui non ci si vuole sottrarre, ecco che non ha più le caratteristiche necessarie per essere definita terapia. In molti casi paziente e terapeuta creano una relazione stabile, che diventa cornice di snodi evolutivi importanti. Tuttavia la relazione di per sé non giustifica la necessità di rimanere all’interno di un percorso, che nasce per avere un inizio e una fine e si pone come scopo la creazione di nuove risorse volte a rendere la persona autonoma nella propria quotidianità. Il rischio che si corre restando in terapia più del necessario è quello di attribuire alla relazione con il terapeuta (e non ai propri progressi) il raggiungimento di una maggior autonomia e di non riuscire a verificare in modo oggettivo i risultati raggiunti.
La durata di una psicoterapia
La durata di una psicoterapia:
- Non è un segreto noto solo al terapeuta
- È condivisa e concordata con il paziente
- È legata agli obiettivi terapeutici che paziente e terapeuta decidono di intraprendere
- È legata ai dati di validità scientifica degli interventi proposti
- Può variare rispetto alle previsioni, ma mai senza che il paziente ne sia informato
- È solitamente minore rispetto a ciò che il paziente ipotizza