L’ ansia è un’emozione molto comune, della quale noi tutti facciamo esperienza. Lo stato ansioso si riconosce perché si presenta con manifestazioni fisiche specifiche, talvolta fastidiose o spiacevoli, ed è accompagnata da pensieri relativi alla preoccupazione che qualcosa di negativo possa accadere da un momento all’altro. L’ansia di per sè non ha solo una connotazione negativa, infatti il suo scopo principale è quello di attivare le risorse del nostro organismo per far fronte alla situazione temuta o ignota, come superare un esame, fare un colloquio di lavoro, parlare in pubblico.
Le caratteristiche fisiche dell’ansia
Le risorse mobilitate dall’ansia attivano il nostro corpo provocando sensazioni ben note, come accelerazione del battito cardiaco, tensione muscolare, nervosismo o irritabilità, stato di allerta, diminuzione dell’appetito o difficoltà ad addormentarsi; tutte queste manifestazioni corporee permettono all’organismo di mettersi in una condizione di “attacco o fuga”, come se il pericolo temuto fosse realmente presente. Una volta affrontata la situazione, l’ansia diminuisce, le sensazioni corporee si riducono fino alla loro scomparsa e i pensieri di pericolo o minaccia lasciano spazio a pensieri neutri e più razionali (“Temevo che l’esame fosse insuperabile, invece non era così difficile come immaginavo). In questi casi si parla di ansia normale o fisiologica, più o meno proporzionata alla situazione attivante e utile per attivare l’organismo e la mente a mettere a disposizione tutte le energie necessarie per il raggiungimento dello scopo desiderato.
Aspetti cognitivi e pensieri catastrofici
La particolarità dell’ansia, che la contraddistingue da tutte le altre emozioni, è che si attiva in vista di qualcosa che non è ancora accaduto, che non sappiamo se si verificherà e per la quale non si ha modo di anticiparne le conseguenze o gli esiti. Ha quindi a che fare con una previsione sul futuro, che il più delle volte si prospetta negativa, come una perdita, un danno, una situazione di imbarazzo o di umiliazione. Più la previsione è catastrofica, maggiore sarà lo stato di ansia percepito dalla persona . Ad esempio, il pensiero “Domani ho un colloquio di lavoro” sarà accompagnato da un livello di ansia più o meno intenso a seconda di ciò che ci si immagina come conseguenza, ovvero “Farò una pessima figura, sicuramente non mi assumeranno” determinerà un livello di ansia meno intenso rispetto a “Farò una pessima figura, non mi assumeranno, non troverò mai lavoro, la mia carriera sarà finita per sempre”. L’elemento chiave che mantiene l’ansia è la preoccupazione. Preoccuparsi, come dice la parola stessa, è l’atto mentale che ci porta ad occuparsi preventivamente di qualcosa che non è ancora accaduto e per la quale supponiamo un esito negativo. L’intensità dell’ansia è direttamente proporzionale a quanto grave immaginiamo l’esito dell’evento ed è inversamente proporzionale alla sensazione di capacità di fronteggiare la situazione temuta.
Quando l’ansia diventa un disturbo?
Avere esperienze di ansia più o meno intensa non significa avere un disturbo d’ansia. La caratteristica del disturbo d’ansia è che episodi di forte ansia si manifestano costantemente, in modo eccessivo e sproporzionato alla realtà dei fatti, in diversi ambiti di vita (scuola, lavoro, famiglia, amici) e provocano notevole sofferenza o disagio. La persona con disturbo d’ansia ha la sensazione di essere continuamente sopraffatta da questa emozione, che le impedisce di vivere con serenità anche normali eventi di vita quotidiani (ad esempio, immaginare che il coniuge faccia un incidente stradale ogni mattina quando esce di casa per andare al lavoro). Lo stato ansioso è accompagnato da irritabilità e nervosismo costanti, difficoltà a concentrarsi e a prendere decisioni, disturbi del sonno, incapacità di smettere di preoccuparsi. Per cercare di gestire l’ansia, spesso le persone cercano di evitare le situazioni temute ( ad esempio, non parlare in pubblico per non provare un’intensa ansia), oppure richiedono continue rassicurazioni (come telefonare più volte per accertarsi con sia avvenuto l’incidente temuto). Questi comportamenti, invece di alleviare l’ansia possono aumentarla, provocando un circolo vizioso di mantenimento del disturbo.
Come imparare a gestire l’ansia
Le persone ansiose in genere sono convinte che non possano fare a meno di preoccuparsi e che l’ansia non sia controllabile. Esistono invece molte strategie che possono permettere di ridurre la sua l’intensità, poiché vanno ad agire proprio sui pensieri che contribuiscono ad alimentarla e perché insegnano a smettere di preoccuparsi eccessivamente per ciò che non è ancora accaduto.
Quindi, per imparare da soli a tenere sotto controllo l’ansia possono essere utili questi accorgimenti:
- Non cercare di fare previsioni di eventi che non si sono ancora verificati
- Non sforzarsi di trovare tutte le soluzioni a un possibile evento sgradevole
- Tentare di non sottovalutare le proprie capacità di gestire le situazioni ed eventualmente pensare alle risorse che potrebbero venirci in aiuto
- Ogni volta che ci accorgiamo che ci stiamo preoccupando, sforzarci di riportare la mente sul presente, ripetendoci: “Me ne occuperò quando quella cosa si verificherà”
- Controllare la respirazione e cercare di rilassarsi
- Fare un calcolo delle probabilità rispetto al verificarsi dell’evento temuto
Queste sono piccole strategie utili da tenere “a portata di mano” per le persone che vivono alcune situazioni in modo ansioso e che sono tendenzialmente portate a preoccuparsi. Per le persone che invece soffrono di un disturbo d’ansia vero e proprio, è importante rivolgersi a un professionista esperto per seguire una psicoterapia mirata ed eventualmente, se risultasse necessario, una terapia farmacologica di supporto.
La Psicoterapia per il trattamento dei disturbi d’ansia
Secondo i dati riportati dalle ricerche in ambito scientifico, l’approccio psicoterapeutico più efficace per il trattamento dei disturbi d’ansia è quello cognitivo-comportamentale. Il trattamento più utilizzato, chiamato approccio standard, prevede la messa in discussione dei pensieri irrazionali che generano la sofferenza emotiva (parte cognitiva) e la modificazione dei comportamenti che mantengono il disturbo (parte comportamentale). Esistono inoltre delle tecniche specifiche che sono risultate utili in aggiunta al trattamento standard, come la Mindfulness, una tecnica che trae ispirazione dalla meditazione e che insegna a pensare al “qui ed ora”, cioè a mantenere la concentrazione sul momento presente, portando l’attenzione al respiro e quindi coinvolgendo anche il corpo nella gestione dell’emozione spiacevole.