Il senso di colpa è un sentimento che deriva dall’idea di aver fatto qualcosa che ha danneggiato qualcuno (compresi noi stessi) o di non aver fatto qualcosa la cui omissione ha provocato conseguenze negative. Nel primo caso, ci si può sentire in colpa per aver criticato aspramente un amico, provocando in lui forte tristezza. Oppure ci possiamo sentire in colpa per aver dimenticato di comprare un regalo per il compleanno di un collega, leggendo negli occhi la sua delusione.
Connessioni reali e connessioni immaginarie
Il senso di colpa si può attivare sia nei casi in cui il danno causato è reale, che in occasioni in cui il danno è solo presunto o addirittura non c’è. Alcuni esempi possono chiarire meglio questi concetti. Marco chiede a Simone se può andare a prendere suo figlio a scuola, perché ha una visita medica che non può posticipare. Il giorno dell’appuntamento, Simone scorda l’impegno preso, le insegnanti chiamano Marco, che quindi è costretto a precipitarsi a scuola annullando la visita. La sera, Marco chiama Simone molto arrabbiato e gli dice che è una persona inaffidabile e che non lo reputa un buon amico. In questo caso, il danno è un dato di fatto, ovvero è realmente successo che Marco ha dovuto posticipare la visita a causa della smemoratezza di Simone. Il senso di colpa avvertito da Simone è facilmente comprensibile alla luce di più elementi, ovvero: il danno subito da Marco, la rabbia provocata e il giudizio di inaffidabilità conferito. Tuttavia, in altri casi, il senso di colpa può emergere in assenza di questi elementi: vediamo come. Sara è una persona superstiziosa e, tra le sue piccole abitudini portafortuna, c’è quella di evitare accuratamente di guardarsi allo specchio a casa di altre persone. Invitata a una festa, accidentalmente scorge la sua immagine nello specchio del bagno, a casa della sua migliore amica Elena. Immediatamente pensa che non avrebbe dovuto farlo, ma riesce a distrarsi e finire la serata in compagnia. Alcuni giorni dopo, riceve una telefonata da Elena e viene a sapere che il giorno dopo la festa un invitato ha avuto una reazione allergica e è finito all’ospedale. Niente di grave, la questione si è risolta in poco tempo e l’amico sta bene. Improvvisamente, Sara collega i due eventi: si è guardata allo specchio, questo è il motivo per cui l’invitato di Elena è stato male. Se non fosse stata così distratta non sarebbe successo niente, invece è stata chiaramente colpa sua. In questa situazione manca un danno realmente provocato da Sara, ma le sue idee, la sua valutazione dell’evento, le fanno credere che sia così. Questo esempio banale si riscontra in molti contesti quotidiani: vediamo un amico triste e pensiamo se è colpa di qualcosa che abbiamo detto o fatto, il nostro partner è stressato e analizziamo gli ultimi giorni per capire se in qualche modo l’abbiamo irritato.
L’espressione della colpa e i pensieri correlati
Ci sono emozioni e stati d’animo con chiari correlati fisici e fisiologici, che permettono a chi ci circonda di riconoscere come ci sentiamo: la rabbia, la tristezza, la gioia sono facili da leggere nei volti di chi conosciamo. La colpa invece non è così immediata e la sua espressione è molto più soggettiva. Ci sono persone che avvertono un senso di agitazione interiore, simile all’ansia o alla paura che il danno causato sia irreparabile. Altri invece reagiscono con rabbia, negando di essere responsabili e accusando una terza persona. Ad altri ancora capita di sentirsi molto tristi per le conseguenze negative che si pensa di aver provocato. Piuttosto comune invece è il meccanismo per cui il senso di colpa apre la strada verso delle valutazioni negative globali su di sé. È quasi automatico il passaggio da “ho fatto qualcosa di sbagliato” a “sono una persona sbagliata” e a volte le stesse persone che ci circondano possono agevolare questo meccanismo (pensiamo a Marco, nell’esempio precedente). Questo passaggio è frequentemente oggetto di discussione in psicoterapia. A tutti capita di provocare un danno a un’altra persona, spesso in modo involontario, ma ciò non significa perdere il nostro valore come esseri umani.
La funzione della colpa
La colpa è un’emozione che protegge la natura dell’uomo come animale sociale. Per la propria sopravvivenza l’uomo si è da sempre organizzato in gruppi, al fine di poter garantire cibo e sicurezza ai membri della specie. In un’organizzazione di questo tipo è indispensabile che gli appartenenti al gruppo si proteggano l’un l’altro e evitino quanto più possibile di danneggiarsi. Da qui la funzione della colpa: nel momento in cui sappiamo o pensiamo di aver causato un danno, siamo biologicamente predisposti a avvertire una forma di disagio, che ci mette in allerta per il futuro. Ma perché ci sentiamo in colpa quando il danno non c’è? Spesso il contesto famigliare e culturale in cui cresciamo ha un ruolo fondamentale in questo. La nostra educazione può averci trasmesso il messaggio che ogni danno causato sia imperdonabile, o che danneggiare qualcuno a qualsiasi livello, anche involontariamente, sia la cosa peggiore che possiamo fare. Solitamente questo è connesso con un forte senso di responsabilità, che nel tempo ci aiuta a essere persone affidabili e mature, ma che, se sproporzionato, può sconfinare in situazioni che in realtà non dipendono da noi. Questi elementi possono essere affrontati in terapia, attraverso un percorso che ci svincoli da idee troppo rigide, permettendoci di riflettere sulle nostre azioni in modo più flessibile e adattivo.
Come affrontare il senso di colpa
Innanzitutto è bene accertarsi della connessione tra ciò che abbiamo detto o fatto (o non detto o non fatto) e il danno che riscontriamo. Se vediamo il nostro partner stressato, è utile chiedergli cosa lo renda teso o nervoso: la causa potrebbe non essere nella nostra relazione. Se ci viene attribuita la responsabilità di un danno molto probabilmente ci sentiremo in colpa per l’accaduto. In questo caso è importante limitare il nostro senso di colpa all’evento specifico, senza farci prendere da giudizi globali su di noi. Questi hanno come conseguenza solo un aumento del nostro malessere e ci impediscono di trovare una soluzione al problema. È invece opportuno verificare se e come potevamo agire diversamente e trovare una soluzione riparativa. Spesso non è utile ovviare il problema con un diversivo, ma serve impegnarsi per risolvere il danno arrecato o evitare che possa ricapitare in futuro, chiedendo aiuto se necessario.